Il rugbista antifragile

17 Marzo 2017

Il rugbista antifragile.
Numerosi sportivi di alto livello hanno attraversato momenti difficili nella loro carriera, arrivando anche a soffrire di depressione. Alcuni di questi hanno reso pubblico il loro disagio, come Gianluigi Buffon, Lindsey Vonn, Ian Thorpe, Adriano, Andre Agassi e pure rugbisti John Kirwan e Pascal Papé.
Conoscendone le vicende, la prima cosa che solitamente si pensa è “ma questi fanno il lavoro più bello del mondo, sono pieni di soldi… e vanno in crisi!?”.
Ebbene sì, e non dovremmo stupircene poi molto. L’essere umano è pur sempre umano (anche troppo umano, come scrisse Nietzsche). Siamo geneticamente costruiti per provare emozioni e queste non sempre sono piacevoli: rabbia, paura, tristezza, disgusto… Le emozioni sono un favoloso retaggio della nostra vita ancestrale e, soprattutto quelle negative, sono state decisive per la nostra sopravvivenza ed evoluzione. Inoltre, le emozioni sono un sintomo fondamentale di intelligenza! Immaginate due uomini primitivi a spasso, che improvvisamente si trovino di fronte un serpente velenoso: uno dei due ha paura (emozione negativa, “da fifoni”) e torna indietro spaventato, l’altro prosegue noncurante verso il serpente. Chi dei due è sopravvissuto, potendo poi trasmettere i propri geni?
John Kirwan e Pascal Papè hanno raccontato il loro “inferno” personale all’interno di un libro, in cui entrambi affermano un concetto fondamentale: far parte di un mondo in cui non poter esprimere le emozioni contribuì ad aggravare la loro condizione di sofferenza. Essere un famoso rugbista, per entrambi, appariva una responsabilità troppo grande per poter ammettere delle fragilità.

<<Il mio è uno sport ormonale, non è permesso mostrare debolezza>> Pascal Papè

<<Il dover essere all’altezza di quest’immagine pubblica aveva creato un vero conflitto interiore… “I duri non piangono”, “sei un uomo”, “ricomponiti”… Tutte sfumature di un immaginario che è molto dannoso a livello personale>> John Kirwan

La mancanza di autenticità però, alla lunga, si paga. Dover aderire a un certo tipo di stereotipo, ha fatto sì che entrambi abbiano perso molto tempo prima di iniziare a prendersi cura del loro disagio interiore. Hanno cercato di resistere, fino a quando non sono stati placcati dalla loro stessa sofferenza.
Lo sport è un ambiente in cui spesso emerge un controverso concetto di forza, simile ad “assenza di emozioni”. Essere forti, però, non consiste in questo. Essere forti implica una grande responsabilità verso se stessi, che consiste in un’attenzione e un rispetto notevole nei confronti di ciò che si prova. E’ forte chi vive gli stati emotivi come qualcosa di transitorio ma irrinunciabile.  E’ forte chi riconosce, accetta e comunica le proprie emozioni, uscendone rafforzato. E’ forte chi, in una sola parola, è anti-fragile.
Antifragile” è un termine coniato dall’economista/filosofo/saggista Nassim Nicholas Taleb, nonché il titolo di un suo libro. Antifragile non è il contrario di fragile, ma non significa neppure robusto. Antifragile è una categoria a sé, che non manifesta le caratteristiche né della fragilità né della robustezza. Ciò che è fragile, nelle difficoltà si distrugge. Ciò che è robusto, a lungo andare si spezza irrimediabilmente. Ciò che è antifragile, invece, nelle difficoltà migliora. Si adatta, si modifica, coglie il meglio dalle avversità e diventa più forte. L’antifragile adora l’imprevedibilità e il disagio, poiché rappresentano un’occasione di sviluppo.
In quale categoria possiamo collocare i vissuti dei due rugbisti sopracitati? E’ obiettivamente impossibili definirli fragili, poiché hanno resistito a lungo prima di crollare. Possiamo invece definirli robusti, poiché, nonostante abbiano “tenuto botta” per molto tempo, alla fine si sono spezzati (seppur interiormente). Tornando indietro, probabilmente, ammetterebbero prima le loro difficoltà, chiederebbero aiuto; di certo ora, a fronte del lavoro fatto su se stessi, si sono resi antifragili, uscendone rafforzati.
Credo che uno dei contributi che la psicologia può apportare al mondo dello sport sia quello di rendere gli atleti un po’ antifragili, ovvero capaci di cogliere, ammettere e trarre qualcosa di positivo dalle loro difficoltà.

Ma quale potrebbe essere l’identikit del rugbista antifragile?

  • E’ consapevole delle proprie emozioni: le riconosce, le ammette, le rispetta.
  • Comprende i propri punti di forza e di debolezza, con umiltà, sapendo mettersi in discussione.
  • Riconosce nel fallimento la direzione specifica su cui lavorare maggiormente.
  • Sa riconoscere e rispettare le emozioni altrui, in particolar modo dei compagni di squadra. E’ empatico.
  • Con il passare degli anni, sa riadattare il proprio ruolo all’interno della squadra.
  • Prende in considerazione le opinioni altrui come potenziale fonte di apprendimento.
  • Ha fiducia nei compagni.
  • Si sente responsabile anche del rendimento dei compagni e agisce per incrementarlo.
  • E’ mentalmente aperto, curioso, sa ascoltare.
  • Si focalizza sul miglioramento delle abilità individuali e di squadra, non sul risultato.
  • Incita i compagni, soprattutto nell’errore.
  • Regola azione, comunicazione e comportamento in relazione all’utilità di squadra.

 

Dott. Alberto Fistarollo, psicologo
Rugby Riviera 1975


Antifragile. Prosperare nel disordine
– Nassim Nicholas Taleb
Gli All Blacks non piangono – John Kirwan
Double jeu – Pascal Papé