31 Gennaio 2017
Gli allenatori sono i veri motori di una società sportiva, coloro che con passione ed entusiasmo trasmettono ai bambini e ai ragazzi la conoscenza del gioco, ma anche un po’ della vita.
Approfittiamo dello spazio di Rugbistica-mente per conoscerli meglio… A proposito di motori, l’allenatore-educatore-antachbol di oggi è Marco Verduci, dell’under 10.
Raccontaci brevemente la bella esperienza di “Lupetti e tacchetti”, l’insieme di racconti, storie e disegni dei bambini del Riviera. Com’è nata l’idea?
L’idea di “Lupetti e tacchetti” nasce qualche tempo fa quando, un giorno, mio figlio, che ha quasi dieci anni, ha scritto un racconto intitolato “la mia vita e il rugby”. Ho sempre cercato di incentivare questa sua “vena” da scrittore. Leggere quelle righe, provenienti da un animo ancora incontaminato mi ha emozionato. Ho pensato che i ragazzi del mini rugby ci avrebbero potuto offrire uno spaccato veritiero delle loro esperienze regalandoci meravigliosi spunti di riflessione. E così è stato, o almeno credo.
Oltre ad allenare l’under 10, sei anche un membro degli ormai famigerati Antachbols…
Antachbols Regby è un progetto di touch rugby nato per caso tra una birra e la voglia di “recuperare” il tempo perduto da ragazzi. Nel nome, “intoccabili”, Antachbols appunto, in questo inglese “de noantri” sta tutta la nostra filosofia di gioco, il nostro non prenderci troppo sul serio.
È un motivo per stare insieme, per ritrovarsi in campo e godere del Terzo Tempo e perché no, rimettersi un po’ in forma. Siamo un melting pot di ex rugbysti, sportivi, non sportivi, ex campioni di “divano”, c’è di tutto. Ma soprattutto c’è lo spirito positivo, la voglia di essere parte di un gruppo. Partiti in cinque siamo diventati un gruppo di venti persone, più o meno, che attendono trepidanti il giovedì sera per indossare i tacchetti, anche se non siamo più lupetti… Il prossimo Antachbol potresti essere tu!
Ehmm… intanto verrò alla “festa dei omeni” di sabato 4, un passo alla volta!
Prova a descriverti con gli occhi di un ragazzino allenato da te.
“quanto brontola questo”, “e avanti con sta storia che se non la smetto mi dà un calcio nel sedere…”, “…e poi stò fatto che se voglio fare tutto da solo allora è meglio che mi iscrivo al nuoto…”, “…però bella l’idea che perde solo chi non ci mette la faccia, che perde chi è rimasto a casa, che chi era in campo ha comunque vinto…, che non dobbiamo avere paura dei nostri avversari perché hanno due gambe e due braccia come noi… e che ci dobbiamo volere bene perché siamo una squadra, una famiglia… “anche se questo fatto che nella vita bisogna tenere sempre la schiena dritta, non l’ho ancora capito…”.
Confidaci un tuo punto di forza e un punto di debolezza…
Sono maledettamente ottimista, il mio bicchiere (di birra) è sempre mezzo pieno, anche tre quarti!!! Sono però un inguaribile sognatore e quando realizzo che il mondo non è come l’avevo immaginato ho un brusco ritorno alla realtà che a volte mi sconforta, ma non mollo, in fondo domani è un altro giorno.
Il tuo viaggio ideale?
Ti rispondo con una citazione dal libro “lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Robert M. Pirsig: “”in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente””. Io, la mia BMW, i miei stivali Alpinestars e un Moleskine sul quale scrivo sempre le mie impressioni di viaggio. L’itinerario non conta, perché Casa è dove ti senti a Casa.
Qualcosa che riesca sempre ad emozionarti…?
Mio figlio che non mi ha mai chiamato papà, ma semplicemente Marco. Nella sua voce la nostra Amicizia, il senso della mia vita.
Per molti bambini l’allenatore è un modello… Quali sono stati i tuoi modelli?
Io avevo un amico molto più grande di me che gareggiava in moto e che era un mago dei motori. Era un burbero con un grande cuore, mi diceva che per fare certe curve bisognava passare in macelleria e comprare del fegato!!! Io volevo essere come lui. Qualcosa ho imparato, riesco a registrare le valvole di un boxer, in pista non piego come lui ma ci vado vicino… quando l’anno scorso se n’è andato mi sono sentito come se fossi nudo per la strada.
Dei ragazzini di oggi si dice sempre che “hanno tutto, non sanno cosa sia il sacrificio”. Dal tuo punto di vista, è davvero così?
Credo che i bambini siano un po’ come delle spugne, assorbono tutto ciò che li circonda. Nella tua domanda e in certi comportamenti vanno ricercate delle responsabilità di fondo riconducibili a noi genitori. Noi siamo per i nostri figli la prima fonte di apprendimento, i loro atteggiamenti sono la risultanza delle nostre azioni. Almeno in parte. Non imputerei totalmente ai ragazzi questo “rilassamento” che spesso contraddistingue questa generazione. Ho parlato come un anziano.
Se potessi inviare un messaggio a tutti gli under 10 del mondo, cosa diresti?
Venite a giocare al Rugby Riviera!
Poi gli direi di non smettere mai di divertirsi, di credere sempre in quello che si fa e di impegnarsi nello studio. Nello sport, nella vita, nelle cose di ogni giorno, “se sai” nessuno potrà dirti cosa fare e se lo farà sarà sempre con il massimo rispetto. Il nostro cervello, le nostre idee sono il nostro biglietto da visita. Study hard, play fierce.
RUGBY RIVIERA 1975 ASD
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